In questo scottante e incisivo saggio, Guillaume Pitron lancia un grido d’allarme ed espone un grave dilemma. Il grido d’allarme è di natura geopolitica: il mondo ha sempre più bisogno di terre rare, di “metalli rari”, per lo sviluppo digitale e quindi per le tecnologie di informazione e comunicazione, tra cui la produzione di telefoni cellulari. Le automobili elettriche e ibride, per esempio, ne richiedono due volte più di quelle a benzina, e così via. I metalli rari, circa una trentina di elementi con nomi dalle assonanze latine più che barbare come il promezio, in natura si trovano associati in proporzione minima ai metalli abbondanti e sono costosissimi da estrarre e purificare. Primo problema: la Cina detiene la stragrande maggioranza di queste risorse ed è naturalmente portata ad abusarne. Gli altri Paesi che ne possiedono nel proprio sottosuolo hanno abbandonato o trascurato lo sfruttamento per diversi motivi, lasciando in molti casi il monopolio alla Cina e rendendo Pechino “il nuovo padrone dei metalli rari”.
A supporto della propria tesi e per sottolineare i rischi di questa dipendenza, Guillaume Pitron riporta numerosi episodi di evidente leggerezza o di incoerenza da parte dell’Occidente, come nel caso dei supermagneti o del perfezionamento della tecnologia dei missili a lungo raggio. La soluzione sembra scontata: rilanciare la produzione dei metalli rari ovunque essi siano presenti, negli Stati Uniti come in Brasile, Russia, Sudafrica, Thailandia, Turchia o addirittura in Francia (“un gigante minerario dormiente”). Ma qui la questione si complica e si pone un dilemma, lo sfruttamento dei minerali rari è infatti tutt’altro che pulito! “Le energie e le risorse verdi nascondono un lato oscuro” sottolinea l’autore. L’estrazione e la raffinazione dei metalli rari richiedono processi molto inquinanti mentre il loro riciclaggio è deludente.
Paradossalmente il mondo delle tecnologie più avanzate che aspirano a essere verdi, “ecologizzate” (il che è fondamentale per fermare il conto alla rovescia ecologico), è strettamente legato a metalli “sporchi”. Il settore delle tecnologie di informazione e comunicazione produce il 50% in più di gas a effetto serra del trasporto aereo! È un circolo vizioso! Come superare allora questa contraddizione? Lo sfruttamento delle terre rare e in generale delle risorse minerarie va senza dubbio rilanciato (rinnovando il braccio di ferro tra governi e gruppi minerari), ma in maniera ecologica, dotandosi dei mezzi economici e tecnologici, ovvero di finanziamenti e innovazioni. L’autore ritiene che un numero crescente di consumatori mondiali sarebbe disposto a pagarne il prezzo, e giunto a quel punto conclude il proprio saggio con una nota incoraggiante, citando esempi di “sussulti di coscienza nell’industria dei metalli rari”. Nel quadro della transizione ecologica delle attività economiche umane necessarie per la salvaguardia non del pianeta ma della vita sul pianeta ci saranno ancora centinaia di casi come questo, di dilemmi da superare, di decisioni difficili da prendere, di successi scientifici da ottenere, di opinioni da rassicurare o convincere per accelerare finalmente il ritmo dell’ecologizzazione. È una gara di velocità…Focalizzando la sua e la nostra attenzione su un tema fondamentale e non
abbastanza considerato, il saggio di Guillaume Pitron ci mette in guardia al momento giusto.